domenica 30 gennaio 2011

Benedizione

Nebulosa-mente
stanca e pallida
Apparente-mente
irrequieta e sopraffatta
Misteriosa-mente
vittima e carnefice
Fluida-mente
limpida e impalpabile
Mi specchio sfuggevole
nelle pozzanghere
ondeggianti di acqua
stagnante e nuova
venuta a benedire
questo vivere profondo
costruito sulla sabbia
in balia dell’inquietudine
ma dolcemente cullato
da un sussurro di voce
d’amore per l’amore
puro e incondizionato
che non conosce tempo
ed è qui e ora
Sempre

domenica 23 gennaio 2011

Pavese per me

E continuo a rileggerlo nei miei libri consumati
dal passaggio degli occhi
e dalle sottolineature storte.
Ed è sempre lì nel profondo
nell’anima ansiosa
che poi si ferma il suo luminoso pensiero.
Ed è lì che mi scuote
che mi desta dal torpore
ed arriva diretto quel senso di esistere
pieno e tormentato che scavalca il limite
di un semplice e banale respiro
che ci ostiniamo a chiamare vita.
E non è quel suo scrivere solo parola
è il senso compiuto della parola
che diventa viva
concreta e tangibile.
Che diventa domanda e che vuole risposta
che si trasforma in tenace ricerca e fermento
lacrime e dolore profondo
(ché nessuna vera esistenza è senza dolore).
Ed è grido, soprattutto
e insieme rifiuto
e vitale tormento.
E non c’è resa, mai
perché non si è vinti dalle disillusioni
dai fallimenti o dalle scelte anche estreme
che questo involontario viaggio talvolta impone
alle delicate anime offese.
Si è abbattuti e persi
(morti che camminano)
se non si è mai anelato
alla ricerca del senso di una piena esistenza
lucida e reale
svuotata dalla rinuncia e liberata dal disamore.
Se non ci si è mai ribellati
contrapponendo alla rassegnazione
la propria idea scomoda
la propria coscienza consapevole
del marcio che ci circonda
della superficialità che ci limita
e insieme della meraviglia che ci è data
se solo sappiamo trattenerla
(anche un attimo)
perché per un attimo solo è il nostro passaggio.
Ed è tutto lì
nei suoi libri
nelle sue poesie
nelle sue traduzioni
nei suoi amori persi
forse mai trovati
(ma ostinatamente sempre cercati).
E’ proprio tutto lì
nella sua visione della sofferente Bellezza
semplice ed universale.
Pavese nella vita                                                  
la vita in Pavese
luce forte che illumina e vivifica
il mio procedere lento.
Ben altro è arrendersi.
Ben altra cosa è essere morti.

domenica 16 gennaio 2011

Rivoluzione

Poi le parole sono uscite
come impazzite
ed hanno cominciato
a percorrere una strada
incerta e sconosciuta
così ho avuto paura.
Ma si trattava di urgenza
forte ed incontenibile
per loro
era giunto il tempo
di andare, vagare
esporsi, moltiplicarsi
contagiare
ed essere contagiate.
Era il momento
quello giusto
di riempire fogli
liberare turbamenti
mostrare la visione, il sogno
l’illusione e la disillusione.
Così senza possibilità
di rimandare al dopo
(e forse al mai)
è stata rivoluzione
intima e feroce
guerra e pace.
Bisognava andare
mostrare il coraggio
se c’era.
Ho dovuto assecondarle
con umiltà e riconoscenza.
E solamente dopo ho sorriso.
Timidamente.

venerdì 14 gennaio 2011

Trasformazione (di passaggio in passaggio)

E’ come spostarsi
con movenze caute
ai bordi dell’anima
per non fare rumore
ascoltando il mio respiro.
E’ come un invito segreto
una lettera attesa
una voce che grida
una parola che chiedeva
abbattuta in un tonfo
da desideri abortiti.
E’ come un’ansia
un lamento incessante
le labbra chiuse
le mie mani giunte.
E’come un volo mancato
la caduta certa
le ginocchia sbucciate
le mie lacrime secche.
E’ come cielo nero
tumefatto e minaccioso
tempesta annunciata
che arriva in un lampo
senza apparente perché.

Allora resto in apnea
quel tanto che basta
aspetto che passino i tuoni
che magicamente
si ricomponga
il mio io frantumato.
E di nuovo si apre
disarmante l’incanto
e mi restituisce il viaggio
il sogno e l’utopia.
Succede, così.
Altro non so e non voglio sapere.


domenica 9 gennaio 2011

Quadri

Inseguire onde di pensieri
che si  mostreranno poi
trasformati in parole lievi
vigili e precise
posate su fogli immacolati
meticolosamente dipinte.
Profumate di vaniglia
ma con retrogusto amaro.
Croccanti sotto la lingua
amorevoli e stuzzicanti al palato.
Solo per un attimo imprigionate
e poi via: libere ad ammiccare
senza ombra di pudore.
Quadro finito.
Cuore salvo.
Ancora una volta.

venerdì 7 gennaio 2011

Di questo e di molto altro

Faccio ancora il bucato a modo mio.
Ma in modo diverso.
Dopo aver lavato e steso i panni
sposto lo stendino dalla cucina
alla camera da letto e chiudo la porta.
Mi piace che quel profumo
invada prepotentemente la stanza dei sogni                            
così  in maniera quasi intangibile
ricreo attraverso l’olfatto i singoli istanti vissuti
di quella quotidiana vita andata.
Poi rimango lì per un po’,
annuso e penso.
Inalo rumori, vetri appannati,
colline imbiancate, libri ammucchiati.
Mi arrivano discorsi sospesi, domande in bilico,
occhi sorridenti, mani indaffarate.
Scendono col paracadute baci rubati, mi
sussurrano all’orecchio voci amate,
si  posano piano sul letto
malinconie e paure addormentate.
Temporaneamente neutralizzate.
Di questo e di molto altro
che mi guizza talvolta nel cuore, tra l’anima e i sensi,
di lei che sapeva la gratitudine,
ho detto  e dirò infinite volte
in questo tempo infinito e nullo.
Ma solo quando il suono giungerà alle tue orecchie,
che non possono prescindere dal mio stesso sentire,
le parole prenderanno finalmente il volo.
E sarà pace e, insieme, salvezza.


giovedì 6 gennaio 2011

Ho imparato

Ho imparato
che l’amore si trasforma
nelle sue molteplici forme
e che nella sua trasformazione
diventa universale ed eterno
diventa miracolo incondizionato.
Ho imparato
che siamo puro spirito
molto prima di essere carne
e che siamo voce modulabile
molto prima di essere grido.
Ho imparato
che la bellezza fa male e fa paura
ed è pericolosamente incantevole
eterea ed eterna.
Ho imparato che gli sbagli si devono amare
e che l’errore è una costante
nel  cammino di tutti noi
umanamente splendidi nella nostra imperfezione.
Ho imparato
che solo il superfluo si perde, l’inutile involucro
l’essenziale è circolare e torna
non smette di tornare mai, anche se sanguina.
Ho imparato
che le anime affini si rincorrono
e si rincontrano, comunque
perché sempre tornano a casa
percorrendo l’unica via che conoscono
quella del sogno irrinunciabile
condiviso e condivisibile, malgrado tutto.

Ora proverò a guarire la ferita.
Vivendo.






Le Langhe non si perdono

21 agosto 2008, Santo Stefano Belbo, la Langa, Pavese.
Ho percorso le piccole strade e attraversato la piazza fino a salire la scalinata che conduce alla Fondazione Cesare Pavese.
Lì tra i suoi libri, le sue lettere, i suoi sogni ed i suoi ricordi, per me che lo amo così profondamente, è stato come averlo vicino e insieme a lui Nuto, Silvia, Irene , Cinto e Masino.
E la Langa là fuori non era più solo terra e vigna e cielo ma diventava origine, senso di appartenenza, sudore e profumi, bestemmie e fragore di umanità calpestata.
Diventava vita, vita tormentata, vita che non si piega, vita che non si perde, anche quando finisce.
E tutto aveva un senso, almeno così mi è sembrato.
Tutto aveva senso, ogni esperienza, ogni momento vissuto o da vivere, ogni lacrima, ogni attesa, ogni partenza aveva la sua casella.
Ecco, improvvisamente tutto era a posto: bisognava solo respirare e lasciare andare il cuore, lasciarlo battere forte, e ancora di più e poi aprirlo.
Così sono arrivati i ricordi a onde, a fiumi, a lampi, così tanti che non riuscivo a contenerli.
Poi è arrivata la calma, in un attimo guardando gli occhi commossi di mia madre ho sentito forte le mie radici e sono tornata a casa.
“la vita va vissuta lontano dal paese, si profitta e si gode e poi quando si torna come me a quarant’anni si trova tutto nuovo. Le Langhe non si perdono ” scriveva Pavese ne “I mari del sud”.
Ed aveva ragione.

Definitivamente

Questa assenza è reale
ma reali non sono
le tue mani
che non stringerò
E reale non è neanche il tuo
sorriso che mai più rivedrò
Questa assenza è definitiva
Definitivamente perduto
è il suono della tua voce
Definitivamente mancante
la luce del tuo sorriso
Definitivo e defunto il tocco
che ci avvicinava
La parola che ci infervorava
Tutto qui è ora reale
definitivo e defunto
Solo la percezione
di quello che per me sei stata
E la constatazione
di quello che io sono diventata
(proprio come volevi tu, vero?)
Mantengono alto il sentire
e mi spingono
dalla carne verso lo spirito
Verso un mondo
che attraversa ricordi
e grazie a loro 
mi permette di continuare
ad interagire con te
in un dialogo continuo
dove sempre sappiamo
a domanda risposta
Ma oggi questa assenza fisica la sento troppo forte
E vorrei tanto chinarmi
baciare la tua fronte
addormentarmi
ed essere svegliata
ancora una volta
(almeno)
dal tuo lucente
ed amorevole
sguardo.
Definitivamente perduto

mercoledì 5 gennaio 2011

Lento

Nell’impossibile
calcolo
della durata,
nella
rapidità
del trascorrere
e del divenire,
nell’effettiva
possibilità
di imminente
interruzione
di quello
che vorremmo fosse
un percorso infinito,
ciò che incontro
mi pare
sempre
troppo lento.
Troppo in attesa di passare.
O di essere già passato.



Vulnerabilità

Sono gelosa,
gelosa delle parole che ricevo
ma soprattutto di quelle
che cautamente distribuisco.
Sono diffidente,
ho troppe domande
e vane risposte
che danzano nella mia mente.
Sono curiosa,
mi adopero nella ricerca
la ricerca dell’altro
e di un’ auspicabile corrispondenza
che mi  incanta
 mi trascina.
Sono attenta,
misuro gli sguardi dati
e quelli ricevuti.
Sono in movimento continuo,
perché credo nel transitare infinito
e so che l’essere ora e qui
mi sta già portando al di là del limite
oltre.
Sono vulnerabile
ed è per questo che spendo
con parsimonia le lacrime.
Perché credo nel senso della misura
nel peso
nella consistenza.
Sono profondamente vulnerabile,
e di questa mia vulnerabilità
conosco spigoli
angolature
fessure.
E ne conosco il rovescio.
Che custodisco con cura
come un segreto.
Magico ed inconfessabile

martedì 4 gennaio 2011

Il mondo dentro


Scrivo liberandomi
e lievemente  mi svuoto
Leggo imprigionandomi
e profondamente mi riempio
Altalenante
dare e ricevere
dire e ascoltare
Così
con tutto questo mondo
in fermento
che pulsa dentro
devo
inevitabilmente
rifiutare e scostare
l’involucro
dell’oscena
e vana mondanità.
Dilagante.

Cambiamenti

Ieri avevo occhi spenti velati di pianto
Oggi ho labbra vive di miele e carne
Le gambe in movimento
Il cuore in ascolto
Le braccia aperte
Oceani di pensieri e ricordi magici
Ruotano nella mente
Tra confusione e chiarezza
Quando mi appari
Sei limpido
Ed è forte tutto il senso
Che mi hai regalato
attraverso il tuo apparente nonsense
ubriaco di parole e voce.
E “sento” forte l’essenza trasmessa
mai persa
E anche se profumo di assenza
Non conosco la distanza, credimi
Perché le distanze sono altre e non hanno fragranza.
E a tutti non resta che il viaggio e il ritorno all’amore.
Nuovo e rinnovato.
 

Molto più giù del senso apparente

Tempo perso e perduto
attimi che muovono smuovendo incastri
Frantumando e ricomponendo sogni
Attese inutili ma necessarie
Per capire che tutto è esattamente qui e ora
Ma sono gli occhi a saperlo, gli occhi che non conoscono
Vergogna e consumano istinto e verità
che rispecchiano cuori tumefatti inclini all’amore.
Le parole invece le abbiamo tradite, costituite in parata,
senza decenza alcuna.
Ci toccherà infine tacere se non ne ritroveremo il valore eterno,
le sfumature rugose, la forza e il coraggio che ancora contengono.
Se non sapremo ritrovare la loro bellezza, la loro unicità, la loro autenticità
passando per la commozione dovuta fino ad arrivare ai nostri sensi.
Più giù, molto più giù del senso apparente.

lunedì 3 gennaio 2011

Ritorno (da casa a casa)

Passare con gli occhi sopra mattine
di bambini ribelli nascosti dietro porte chiuse
Risplendere nella luce e nel verde vivo di colline incantate
Poi fermarmi e lasciare emergere quel senso di stanchezza
Lasciarlo crescere e poi passare
E provare a passare anch’io, abbandonando il vuoto
Via da qui verso il dove e il quando
Senza più peso, leggera, leggera.
Libera.
Respirare e guardare nel traffico mattutino,
Sentire intorno e dentro , eliminando l’inutile e il superfluo.
Dando un nome ad ogni cosa
Il significato reale ad ogni sguardo
Il giusto peso alle parole
Imparare a non tradire tutto l’amore che porto dentro
A non tradirlo mai
Senza confusione, senza false corrispondenze
Senza inutili pretese.
Mettere a fuoco le distanze incolmabili e abbandonarle.
Poi aspettare con calma la sera per tornare a sognare, di nuovo.

Ingannando il tempo

A passi incerti mi muovo sul selciato luccicante
la pioggia cade a catinelle come pianto di sogni svuotati dal cielo.
Ho il cuore colmo che batte a ritmo incalzante, cullato da voci, più in là, in sottofondo.
So che le partenze sono spesso involontarie e viaggiano a senso unico, su treni anonimi
e che ogni ritorno in fondo non è tale, è solo il nuovo che si fa nostro, filtrato dall’anima.
Tutto gira dentro la testa, tutto si disfa e si ricompone, tutto precipita per poi volare più su.
Non so dove e se potrò fermarmi a riposare, forse domani e proprio qui.
Ma non m’importa.
Mi basta continuare così, trattenendo tutta la bellezza scovata in ogni dove.
Ingannando il tempo, in attesa del sole.


Parole in corsa

Queste lievi parole volano
girano nell’aria e nella mente
si fanno vive, si fermano su di un foglio,
sussurrano all’orecchio di qualcuno, mai a caso.
Non sempre esprimono quello che ci aspettavamo di sentire,
talvolta inciampano in quello che volevamo dire.
Si confondono tormentate dal momento,
senza un’idea del poi.
Ma chi sa andare oltre trova sfumature fantastiche,
le immagina intente ad aprire spiragli su orizzonti variegati,
vede spalancarsi porte verso inevitabili incognite.
Ed è soprattutto per questo che il viaggio continua.
Ma se intorno germoglia il seme dannato del silenzio
che alimenta il vuoto,
il flusso si ferma. e ci facciamo piccoli.
Inutili vuoti a perdere, niente altro.

Leggendo

Leggere Saramago è come lanciare nella testa le parole e lasciarle vagare fino a che raggiungano le più lontane derive, i più nascosti anfratti dell'anima, si infiammino concitate, si inseguano e si confondano, si riconoscano e si abbandonino.
Per poi ritornare unite, precise e imprescindibili, nell'incertezza reale dei percorsi della mente.
Così, come nella vita.

Da capo

Nuvole ferme che dipingono il cielo inutilmente
Assenza che brucia, come terra arsa
Tonfo sordo di silenzio calato dentro, tremendo nella sua stabilità
Mani perse, scivolate via inesorabilmente
Voce dimenticata, canto di cuore scordato
Strada smarrita, freddo e brividi
Vago transitare verso un dove inconsistente
Pianto secco, indomito e straziato lamento
Vuoto che mangia l’anima
Mai più casa, mai più amore, mai più

E poi ricominciare tutto
Da capo

In memoria

Senza fretta
Aspettare
Ricordare
Piccoli passi come una danza
Che attraversano il mercato
Nel paese più bello del mondo
E piccole mani di donna
Che spingono con grazia un carrellino
E la pentola sul fuoco
E la casa profumata
E le colline fuori
Oltre la finestra
Oltre la torre
Più in là verso l’orizzonte
E il sorriso rassicurante
E le parole vive e bellissime
E la poesia nei gesti e nell'anima
E i tantissimi amati libri
E le labbra colorate di rossetto rosso
Senza fretta
Aspettare
Ricordare
Piccoli pensieri in volo
E vita in corsa nella polvere
E sentimenti in tumulto
che inondano il cuore
ed inevitabilmente il dolore per tutti
Sempre condiviso, sempre
E qualcosa di eterno, ora
Spaventoso e magnifico
Senza spazio e respiro
Chiuso a chiave definitivamente
Insieme alle lacrime strazianti
dentro a quel maledetto mai più

 

Fuori dalla gabbia

E quando le parole non arrivano, boicottate da intenzioni incerte
dovrebbe bastare la forza del pensiero a fare dell'aleatorio inconsistente carne e mani.
Anche solo per un piccolo attimo.
Anelante al futuro

A mio parere

Ciò che conta è il viaggio.
E la trasformazione.
Lasciare che il sentimento muti e ci assomigli.
Lasciare che scorra, senza paura di divenire altro.
Lasciarlo semplicemente essere, nel preciso momento.
Quello che rimane, intorno, è solo attesa, vana logica e ingombrante silenzio

Slanci

Cercando
in un salto continuo 
di afferrare e stringere
la propensione alla vita.
Ai suoi entusiasmi
ai suoi sogni
al suo mistero.
Passando attraverso
l'inevitabile dolore.
Senza mai dimenticare
di guardare ogni tanto il cielo
dovesse mai intravedersi
qualche scritto viaggiante
qualche sorriso perso
qualche cuore ritrovato.