sabato 1 dicembre 2012

I malati di vittimismo (o false vittime)



Siamo quello che facciamo. Siamo azione. O meglio: parola che diventa azione. Se ripenso al mio cammino fin qui credo che il filo che lega ogni parentesi delle infinite vite che ho vissuto sia questo: non accettare passivamente le cose. Reagire. Quindi agire.
E questo, in fondo, mi è sempre stato chiaro.
Invecchiando però ho capito che questo atteggiamento nei confronti del vivere non è solo una condizione che sempre ho preteso da me stessa ma è un qualcosa di più. E’ un’indole che ricerco negli altri. Quegli altri con i quali fare un pezzo di strada. Un’attitudine essenziale per proseguire il dialogo. Una caratteristica indispensabile per continuare il passo condiviso.
E così ho capito il perché di certi miei abbandoni, in amicizia come in amore, che prima ancora di divenire concreta scelta già si facevano spazio prepotentemente nella mia testa quale preludio alla fine. E così alla fine ho sempre messo concretamente il punto. Quasi d’istinto direi, talvolta sorprendendo anche me stessa.
Però adesso mi è chiaro: i malati di vittimismo (da non confondere con le vittime vere) non mi piacciono, sminuiscono il mio modo di intendere l’esistenza. Tolgono le ali al sogno. Soffocano il respiro.
Perché i malati di vittimismo non sono in realtà vittime ma inconsapevoli presuntuosi travestiti da vittime (e in questo sta la loro patologia), persone convinte che tutto gli sia dovuto, inclini al piangersi addosso, che parlano di sacrificio senza conoscerne il significato.
Persone troppo prese da loro stesse per allargare lo sguardo un po’ più in là.
E quando questo si fa chiaro in me scatta lo stop. Inevitabilmente.
Spesso non sono capita perché, tra l’entusiasmo che mi spinge all’incontro e alla condivisione nella piena convinzione dell’altrui specialità e la constatazione dell’inesistenza di tale caratteristica, non riesco ad inserire un piano di mezzo che spieghi il perché di certe mie reazioni che non sia il silenzio.
Su questo dovrò lavorare. E anche molto.
E a qualcuno, forse, mi toccherà anche chiedere scusa.
Prima o poi.







sabato 24 novembre 2012

A larghe pennellate


Da un punto
a una virgola
passando per i due punti:
districando e schiarendo
evidenziando le sfumature
riavvolgendo il senso
attraversando la difficoltà.

A larghe pennellate
di vita.

Guardare in faccia il sacrificio
trasformandolo in possibilità.
Rivalutare la fatica.
Amare tutto
-perché tutto è passo
e movimento-
imparando a distinguere
il sentimento puro
e celato
dalla finzione mascherata
e ostentata.

Chiudere la porta
quando è il momento
trovando il coraggio di decidere.
Stringersi in un abbraccio
anche prima di andarsene
e mostrarsi di schiena.

A larghe pennellate
di vita.

Perché come dice
Manuela il pennello
nello smalto per unghie
deve essere largo.
Per non lasciare vuoti.

E cosi nella vita.
Aggiungo io. 










sabato 10 novembre 2012

Il punto di domanda


Sorridesti 
ed i tuoi occhi 
si illuminarono 
così non capii 

che avevi il cuore 
spezzato. 

Poi fu silenzio. 

Il mio vagare. 
Il punto di 
domanda 
su di me 
su di noi 
che tacitamente 
rinnovavo. 

Non capimmo. 

Non potevamo capire. 
Gli anni chiusi 
mentendo al nostro meglio 
per poter sopravvivere 
alla bufera 
ci hanno snaturato 
inevitabilmente. 
Ed è ipocrita e banale 
far finta 
che così non sia. 
L’Anima 
-quella vera 
si è pietrificata. 
Stenta a manifestarsi. 


Ora tornare alla 
luce gridando 
-sono io, eccomi, 
sono così, 
porto in grembo 
il tormento 
il segreto 
la bugia- 
diventa quasi 
impossibile. 


Io ti ho visto 
e tu lo sai. 
-Guarda meglio dentro me, 
analizza il mio dettaglio- 
Vorrei dirti, adesso. 
Ma resta 

quel punto di domanda 
a tormentarmi. 


E non so risolvermi. 
Non da sola. 









sabato 6 ottobre 2012

Riparazioni

Sono i difetti ad unire
-cose da risistemare
forse anomalie nel motore
che ne rallentano il funzionamento.

A me piacciono le riparazioni
e mi affido alle revisioni
all’esame della moltitudine di pezzi
che ci compongono.

Amo le vecchie officine
e le vecchie auto 
che dal ricovero in esse
escono luminose e rombanti
grintose e pronte alla nuova sfida.

Amo il passo falso 
e la virtù risollevata
-salva perché dall’imperfezione
baciata.

Amo la caduta e i lividi
la fatica e la polvere 
che l’asfalto regala
sulla strada del chissà.

Amo le lacrime trattenute
gli abbracci stritolanti
che uniscono prima le anime
e solo dopo i corpi.

Amo il rischio e il suo contrario
il fallimento quando in sé è già rivincita
e amo il torto 
se non si oppone alla ragione.

Amo le buche dei percorsi
pronte a tenderci l’agguato
la testa fra le nuvole
e i piedi ben saldi sulla terra.



A questo penso
mentre ti appoggi 
alla mia spalla esile
-ossuta e caparbia
e parlandomi mi attraversi.
A questo penso 
per tutto quello
che si può dire
e per quel molto di più
che non trova parole
per essere detto.






venerdì 21 settembre 2012

Contatto

Con consapevolezza
-raggiunta a fatica
riconoscere che stringo
tra le mani qualcosa
di immensamente
grande e radioso.
Superare le barricate
-che sono limite e nodo
dimenticando ansia e attesa.
Quiete intorno.
Dubbi a riposo.

Poi le cose accadono.
Meravigliose.
E’ così che si parte.
E mi sorprendo.
Mi sintonizzo.
Ricevo il segnale.
Limpido e preciso.
Contatto e incantevole magia.
Persino il silenzio dice.
Una carezza regalata.
Un dolore condiviso.
Un abbraccio custodito.

Il vuoto che si colma.
E il segreto che unisce.







domenica 9 settembre 2012

Oggi

Quanta bellezza
che si diffonde in me
oggi
mi colora
mi plasma
mi rassicura
rischiarando i pensieri.
e sciogliendo le paure.
“E’ tempo” dice.
“Abbandonati.
Rispondi sì. Non esitare
Non più”.

Sento che timidamente
chiami
da un po’.
E’ tempo
lo sai
e risponderò
questa volta
senza voltarmi
senza tremare.
Seppellirò il dubbio
e allungherò la mano
poi prenderemo la rincorsa
e sarà volo.

E volando
cercheremo
di imparare
la vita
e l'attimo.
E l’infinito
indecifrabile
amore.
Anche.






domenica 8 luglio 2012

Così sono



In realtà quello che più mi pesa è ammettere di aver sbagliato. O di essere lì per farlo.
Se guardo con limpida onestà dentro di me vedo che non sento quasi mai l'assenza dell'altro.
Sono troppo indipendente, e da troppo tempo. Vuoi per scelta , vuoi per obbligo. Piuttosto sento la paura del vuoto, il brivido nell’immaginare la mia integrità che vacilla. La possibilità concreta di essere fragile. E indifesa. La potenza devastante dell’indecisione che arriva a travolgermi.
Questo temo e per questo fuggo, magari anche quando dovrei rimanere, per scongiurare l’errore e qualche volta l’amore. Ahimè! Ahi Vita!
Così sono. Così mi sono trovata. In questo modo mi sono sempre difesa.
E certo che ho rinunciato a qualcosa, come non farlo? La vita è fatta di rinunce, ogni scelta una strada da percorrere e una, o molte di più, da abbandonare.
Però non ho mai rinunciato a me.
Così sono. Così mi trovi. In questo modo continuerò a difendermi.







Milano -6 luglio 2012 -ore 11:48



Elucubrazioni



Fino a quel punto era stato tutto fantastico. Anche meglio di come avessi immaginato. Ma ora dovevo andare. Si era fatto tardi per me. Non in senso del tardi come orario. Era tardi dentro me. Quindi io dovevo andare. Era arrivato il momento in cui non ti ascoltavo più, ascoltavo la riunione dei miei plurimi. Dovevo proprio andare e non sapevo come dirlo. E neanche sapevo se poi sarei tornata. Ché spesso vado e non torno, ma non lo so mai prima. È sempre il giorno dopo, la settima dopo, il mese dopo, insomma –dopo- che capisco che anche questa volta non tornerò. Dovevo assolutamente andare ma non volevo farti soffrire, e tantomeno volevo soffrire io, in conseguenza di questa scelta, perché non ero così convinta. Temevo il fraintendimento del mio gesto, come temevo che il mio non stringerti le mani, non accarezzarti, non baciarti assolutamente ti mettesse in testa qualche dubbio. Ma invece avrei voluto rassicurarti perché sì dovevo andare e non ti volevo baciare ma una parte di me lo avrebbe fatto volentieri se, per sue varie urgenze, non se ne fosse andata già da prima, senza avvisare. Ecco mi trovavo lì da sola, anche se con te, e dovevo andare. Non avevo più parole, né gesti, né sguardi. Volevo essere altrove ma tentavo di fingere. E tu dicevi e io rispondevo, non sempre in modo pertinente, ma davo la colpa al vino, per non espormi. Poi non so quanto tempo sia passato. Perché alla fine avevo anche mal di testa. E l’ora, quella reale, era veramente tarda. E così siamo andati. Finalmente. Ho appoggiato la testa sul cuscino chiedendo un attimo di silenzio al convegno in atto nella mia testa. Silenzio, porco cane! Ho pensato. E poi ho pensato anche che forse mi sarebbe piaciuto baciarti, se quell’altra carogna di me non mi avesse mollata lì con le mie elucubrazioni. Però non te l’ho detto. E ancora non so se tornerò. Per dirtelo.



Milano -28 aprile 2012 -ore 11:37



Assenze



Mia madre diceva. Mia madre avrebbe detto. Come sarebbe piaciuto a Marco. Quanto avrei potuto raccontargli della meraviglia vista. Chissà Lucia che cosa penserebbe. Probabilmente disapproverebbe.
Tutti portiamo nel guscio dell’anima la voce di un qualcuno che ci accompagna.
Un qualcuno a cui domandare per avere risposte, un qualcuno con cui condividere il nostro vissuto, le nostre intime percezioni.
Stranisco pensando che il più delle volte le persone a cui affidiamo il pensiero, l’idea di corrispondenza, sono quelle fisicamente non più qui perché salite sul treno per Altrove o semplicemente perché si trovano lontane dalla nostra vita reale, conducono una loro vita ed il loro tempo è segnato anche dalla nostra assenza, mentre a quelli che rimangono poco abbiamo da domandare e loro comunque spesso poco avrebbero da rispondere.
E’ tutto vero o la natura umana è incline al ripianto, al lamento dell’abbandono, all’adorazione del vuoto lasciato da chi abbiamo –o ci ha- abbandonato?
Non saprei, di certo posso dire che quasi mai mi capita di vedere molta armonia tra le persone che condividono il passo reale.
Più spesso mi capita veramente di capire e quasi di vedere il cumulo di affetti e complicità che ogni anima si è lasciata dietro, per inerzia, per paura, per inadeguatezza.
Viviamo così, cavalcando l’errore, le effimere urgenze. Viviamo così, tacendo il senso, e spesso non ce ne accorgiamo o ce ne accorgiamo troppo tardi, quando giunge l’irreparabile. Quando non abbiamo neanche più la possibilità di essere almeno delusi, se non aiutati, dalle tante mamme, Marco o Lucia. Viviamo sospesi nell’incertezza.
E quanto pesa questo troppo tardi, questo irreparabile, questa incertezza?
Quanto di noi si porta via il silenzio, l’indugio la mancanza di coraggio?
O quanto di noi viene invece mantenuto integro dalle tante sospensioni che andiamo disseminando in giro per la nostra esistenza?





Milano -sabato 28 aprile 2012 -ore 9:30




Passi e pensieri




Il cielo è terso oggi. Ma in me danzano le ombre. C’è troppa confusione tra i pensieri. Eppure dovrebbe essere facile trovare il pensiero guida e seguirlo perché da lui dipendono tutte le azioni e le reazioni. Ma si nasconde -o meglio- lo nascondo. Procedo verso casa in cerca di chiarezza. Come il cielo lucente che si specchia in un mare limpido vorrei leggermi dentro. Ma sono ombrosa e abitata da dune e deserto e insieme prati e fiumi sempre pronti a tracimare. Tutto è lì in attesa di esplodere. Sono vulcano -io- pochi attimi ancora e sarà la lava a farsi avanti. E non si potrà tornare indietro.
Però ci sono mattine –rare e preziose- dove tutto mi appare così nitido e calmo da cancellare la pena, l’incertezza, il vento e il terremoto che hanno esercitato il loro dominio fino a un attimo prima. Fino al primo timido accenno di sole.
E tutto questo è tanto, è senso, è passo. E’ la vita che risponde.





Milano -venerdì 27 aprile 2012 -ore 17.00


Sull’autenticità




Il riconoscersi e l’urgenza del dirselo sono elementi costituenti i rapporti autentici, sono il presupposto di una continuazione che può raggiungere una dimensione diversa, oltre lo schema del tempo e della distanza.
Niente arriva a caso, e l'intensità della forza che noi trasmettiamo (o non trasmettiamo) agli altri è solo lo specchio dell'intensità della stessa forza che gli altri trasmettono (o non trasmettono) a noi.
Di questo ci nutriamo, se abbiamo la fortuna di fare la strada con persone che ci corrispondono. In assenza di tutto questo ci perdiamo se tale fortuna ci è negata.
Occorre rigore, attenzione e dedizione per coltivare tutta questa bellezza.
E occorre essere consapevoli che il tormento, la sofferenza o l'inquietudine che stiamo attraversando forse non sono più terribili del tormento, la sofferenza o l'inquietudine che sta attraversando il nostro interlocutore.
Occorre stare sempre in allerta, come sempre in allerta è la vita nei nostri confronti.
Ed è indispensabile essere semplici e modesti, spingere lo sguardo oltre noi stessi e abbracciare l’infinito che abita gli occhi degli altri.
Però bisogna anche saper distinguere, passare oltre le cataratte emotive e in caso di necessità svoltare l’angolo, sì.
Ma svoltare l’angolo e abbandonare la strada che ci pare quella principale e più sicura resta, quasi per tutti, l’azione più difficile, nella sua apparente banalità, da mettere in atto.
Eppure mi chiedo spesso quanto tutto sarebbe più chiaro e piacevole, quante nuove opportunità potremmo cogliere o ci coglierebbero, se sapessimo coraggiosamente accondiscendere all’invito dei tanti angoli che sempre ci chiamano alla svolta per mostrarci panorami e prospettive diverse.


Chissà.






Milano -venerdì 27 aprile 2012 -ore 6:03.


lunedì 2 luglio 2012

Giulio Casale legge "Cambiamenti" di Germana Gallo
Pentesilive 18 maggio 2012



venerdì 22 giugno 2012

Non voglio


Attimi in fuga
sogni in moria
vento che agita
risveglia brutti pensieri
accelera il passo del cuore
insinua dubbi
mentre passano i giorni
e ci cambiano
mentre guardiamo il paesaggio
che è già cambiato
-nessun nuova alba
mai più uguale


Mai più
la stessa nuvola
lo stesso cielo
lo stesso asfalto.


Nel punto esatto

dove mi nascondo
e si incurva la parola
facendosi muta
ad ogni respiro trattenuto
ho già perso tempo
ho già perso vita
ho già perso me
-mai più uguale.


Mai più
lo stesso sguardo
la stessa carezza
lo stesso sorriso.


Ho voglia di vita oggi
-non voglio l’attimo prima
e neanche quello dopo-
voglio l’adesso
inebriante e folle
nella sua inquietante
meraviglia.


lunedì 11 giugno 2012

Sotto la pelle




Te l’ho scritto 
sotto la pelle
così non sbiadirà
nessuno saprà
nessuno capirà.
Resterà lì
-invisibile agli altri occhi-
mio e tuo
tuo e mio.
Potrai rileggerlo
quando vorrai
-ras
chierai via
lo strato cutaneo
che ricopre
la parola più vera-
sanguinerai un po’
perché la Bellezza
-disarmante e libera-
fa anche male
lo sai
lo so.
E poi sarà quiete e dimora
brivido e vento
onde schiumate di bianco
inebriante vino rosso-rosso
profumi antichi
visioni -sogno -desiderio
e realtà sognata.
La musica si diffonderà
farà vibrare ogni corda
e insieme vibreremo anche noi.
Sarà solo per un attimo eterno
poi quella ferita guarirà
rinnovando la promessa
di aprirsi ancora
per mostrare nuovamente
quelle parole
che saranno ogni volta nuove
pur rimanendo le stesse.
Non so se così saremo salvi
ma so di certo che saremo vivi.
E questo mi basta
per continuare il viaggio
il passo condiviso.







lunedì 21 maggio 2012

Ho una penna e scrivo



Pensavo fosse eterno
che non finisse mai
i volti amati da accarezzare
la tua voce da ascoltare.
E’ stato giusto un attimo
-quello della distrazione-
sono volati gli anni
insieme ai gesti e ai sorrisi
sei volata anche tu.
Viviamo in bilico
ho imparato a dire
sul precipizio
senza cognizione.
Restano
caldi e immacolati abbracci
si confondono
speranze e delusioni
ed è sempre -e solo
in quell’attimo
-quello della distrazione-
che passano treni
a travolgere occasioni
e ci troviamo trasformati
introvabili e goffi
nell’abito indossato.
E niente è mai come era
e tutto è sempre uguale
più in fondo scavi
più provi a trattenere.
Ma niente resta
in quella forma amata
e tocca cedere il passo
al nuovo
alla vita
che inesorabilmente
cede il passo
alla caduta.
Ma è vita mia e la voglio
mentre è in trasformazione.
così prendo una penna
e scrivo -eternamente scrivo
questo attimo infinito
quest’unica consolazione. 



domenica 20 maggio 2012

Lucida-mente

Succede
il più delle volte
di trovarsi su 
due sponde differenti
credendo che a unirle sia un ponte
ma il ponte è immaginario
pura fantasia o sogno
un passo ed è la fine.
Altre volte invece
-ed è raro e prezioso
il ponte è reale
ma è fatica attraversarlo
così stai ferma
e lasci scorrere il tutto
come se nulla scorresse
e anche questa è la fine
ma più meschina
e lacerante.





mercoledì 25 aprile 2012

Ninna nanna dei pensieri


Per esempio riposare
-ogni tanto.
Addormentare i pensieri
ma rimanere sveglia
e poi farmi accarezzare
dalla brezza della vita.
Per esempio ricordarmi
di dimenticare
il dettaglio superfluo
la parola cangiante
e ascoltare solo
la melodia totale
la sua vibrazione
la sua scintilla
che accende il passo
e invita alla danza.
Per esempio danzare
sui ricordi e sulle attese
sopra un tavolo che è oggi
e non teme domani
perché assapora l’attimo
senza la brama
di volere già il dopo
-che a volte- può essere
davvero troppo
o troppo poco.
Per esempio essere lieve
stringere la Perla
e custodirne il segreto.






giovedì 19 aprile 2012

Tante volte

Tante volte
è così 
e lo senti bene
ma non lo riesci 
a dire. 
E’ che anelavi 
al volo 
e stavi già volando
senza percepirlo. 
In silenzio bramavi 
sognavi 
e invece avevi già tutto 
-il sogno 
il viaggio 
il sorriso- 
Tante volte 
è così 
e com’è vero 
che dobbiamo 
essere semplici 
per avvicinare 
la parola al sentire. 
E quello che sento 
ora qui
-tolta la maschera- 
è quiete 
in mezzo 
alla tormenta 
ed è così 
che voglio 
aspettare 
il domani 
e il dopo 
in solitudine 
ma non sola. 
Semplicemente.



martedì 17 aprile 2012

Perché è tempo

Può succedere 
che sia già superato
che tu sia già altro
però non lo sai
-o preferisci non saperlo-
Allora respira e ascolta
la voce lieve
di dentro
buttala fuori
senza paura. 
Spezza la catena
che unisce l’incerto
all'ipotetico certo. 
Come pensi
di poter procedere
altrimenti?
Tu lo sai
che solo navigando 
a vista il tuo mare
ri-troverai quiete
e tempo
e sogno
e casa. 
Come sai
che non c’è
legame imposto
che ti appartenga
-a cui appartenere-
Staccati così 
dal dovuto
se tu a lui non devi
che il miraggio
fuorviante
che ti allontana 
dalla tua essenza. 
Fallo ora 
anticipa il lento 
inesorabile declino. 
Fallo ora 
perché è tempo.





domenica 15 aprile 2012

Giulio Casale -La Febbre -12 aprile 2012-

Avere dei dispiacerei non è tutto, bisognerebbe poter ricominciare la musica, andarsene a cercare ancora di dispiaceri… 
(L.-F. Céline)


Tornando a casa ieri notte, dopo aver assistito allo spettacolo, mi chiedevo quale fosse il valore aggiunto a quell’insieme di parole e musica magistralmente interpretate da Giulio Casale e dai suoi musicisti (Giovanni Ferrario, Lorenzo Corti, Pier Ballarin e Nicola “Accio” Ghedin), impeccabilmente diretti da Francesca Bartellini. E la risposta non ha tardato a giungere, il valore aggiunto è il viaggio reale. I monologhi e le canzoni si srotolano su di un immaginario tapis rolulant come fotografie di vita vera, che è amore e smarrimento, ma soprattutto è, oggi, paura e orrore per il vuoto che pare divorarci. La stessa paura che ci accompagna ogni giorno e che ogni giorno esorcizziamo non parlandone, fingendo che tutto proceda, che il capolinea non sia forse così vicino. Lo stesso orrore che ci impedisce di vedere chiaramente quanto sia ormai labile il confine tra “normale” e “diverso” e come sia oggi facile trovarsi in un battere di ciglia sull’altra sponda, quella sbagliata quella più temuta perché sporca e scomoda e per questo bandita da sempre dal modello di vita contemplato dalla nostra bella società. Quel modello che ha generato le etichette, ha diviso con il suo metro i forti e i deboli, che mai ha avuto contenuti veri ma sempre ha esercitato il suo potere attraverso l’insindacabile giudizio. Quel modello che è artefice dell’imbruttimento delle nostre anime e causa principale della codardia diffusa che ci impedisce di riprendere attivamente possesso della nostra piena esistenza, di rovesciare l’assetto di mischiare ancora le carte e aprire il gioco, di nuovo. Quel modello che è responsabile di aver prodotto la cecità vera e brutale (lode a Saramago!) che ci rende schiavi e deboli. E se questo è il quadro che viene rappresentato non c’è però nel messaggio di Giulio Casale nessun segnale di rinuncia alla vita e al diritto di essere vivi davvero, anzi quell’inquietudine che pervade l’intero spettacolo è attiva e contagiosa ed è propositiva, perché i contenuti, mostrandoci amaramente e senza filtro il contesto nel quale ci muoviamo, diventano strumento da fagocitare nell’intimo di ciascuno, diventano domanda e poi risposta e la risposta immediata non può che essere il superamento del primo e più significativo ostacolo: la nostra indifferenza. 


La febbre, in fin dei conti. 
(L.- F. Céline)


martedì 27 marzo 2012

Una voce non basta

Era l’estate del 2004. 
Eravamo in Liguria, io Claudio, il mio più grande amico, e per la prima volta le mie nipoti sole con noi, senza mamma e papà.
Percorrevamo un po’ a fatica, pigri per indole e stramazzati dal troppo sole, il breve tratto di strada che divideva la casa in affitto dalla spiaggia, Matilda, la più piccola sulle mie spalle e Greta per mano a Claudio.
E cantavamo io e Matilda, cantavamo “Musica leggera” di Pacifico, non solo la canzone cantavamo proprio tutto il disco, e gli altri si univano al canto.
Avevamo un sogno, e quelle parole lo rendevano reale, avvicinavano noi grandi alle piccole. 
Cantavamo stonando e la gente ci guardava un po’ allibita.
Ma non ci toccava, cantavamo con gioia il nostro sogno nel cuore.
E ogni sera chiamavamo mia mamma a casa nella sua amata Mondovì, mia mamma che ben sapeva cosa stavamo cantando.
Sono passati molti anni, e siamo tutti rimasti piccoli, come piace a noi.
Mia mamma ha dovuto allontanarsi un po’ troppo presto da Mondovì, per raggiungere Altrove: il posto che attende tutti. 
Ma noi abbiamo continuato a cantare, nella sofferenza e nella gioia.
Abbiamo cantato e cantiamo canzoni bellissime, perché ancora ce ne sono e ce ne saranno. 
Però oggi quando ho ascoltato “Una voce non basta” è stata una cosa diversa, è stato come se qualcuno mi avesse restituito un pezzo di passato: la voce di mia madre tra le altre voci, le ginocchia sbucciate delle mie nipoti, il mio sogno più grande non ancora interrotto. Così, nella piena consapevolezza dell’oggi, ma avvolta in questo commovente ritorno, posso solo ringraziare.
E continuare a sognare.
Cantando.



sabato 24 marzo 2012

Tutto qui

E ora che il quadro
pare prendere forma
l’ansia ha iniziato
a lavorare
ai fianchi e al cuore.
Non manca la parola
manca il movimento
la corsa sconfinata
il passo lieve verso Chissà
in cerca di Dove.
Invisibile e impaurita
immobile e colpevole
-senza causa apparente-
manco io
forse 
nel disegno. 
E’ questo l’effetto
imprevisto.
Tutto qui.





giovedì 22 marzo 2012

Silenzio

Rispettare il silenzio
-il mio non saper dire-
che anticipa
il gesto
la parola
il senso.
Rispettare il silenzio
che è premessa
a me
al nodo sciolto
alle vele alzate
al flusso rinnovato.
Essere leggera
ora
-solamente-
e poi
con calma
partire.





martedì 6 marzo 2012

Preludio

Silenzio
riempio il buio
con i ricordi
cadono
petali profumati
dal cielo
-mi pare -
mi appare.
Oltre la linea
misera
del mio sguardo
qualcosa
brilla
indefinito
ma limpido.
Sei tu a chiamare
e la tua voce
è qui
di nuovo.
I tuoi occhi vivi
mi sorridono
ancora
e nel sonno
che giunge lieve
sento la tua mano
accarezzarmi
la fronte
e la buonanotte
è un invito
a non smettere
a non rinunciare.
Arriverà con il mattino
il mio saluto
-non ultimo-
il mio arrivederci
perpetuo
nei sentieri dell'anima.





Isole

E in fondo
siamo isole 
tutti quanti
parole non dette
risposte sbagliate
corrispondenze disattese.
Al confine tra l'anima
e il respiro che manca
prima del silenzio
-che è muro-
ci vorrebbe uno scivolo
sul quale far scorrere
un gesto vero
un attimo infinito
di unione 
da costa a costa
per permettere
la perlustrazione.
Questo basterebbe 
a dare un senso
pieno di condivisione
anche se in mezzo
sempre resterebbe
il mare
ma navigabile
come una sfida
come un confronto.
Questo basterebbe
tutto il resto è niente
è vano volo
verso lidi
inesistenti.





domenica 12 febbraio 2012

Sola


Fare chiarezza
dentro
respiro dopo respiro
foglio dopo foglio
nero su bianco.
Riconoscere
l’intima volontà
e saperla mostrare
a me stessa
senza finzione
prima del gesto
che la confonda.
Prima del bacio
sospeso a mezz’aria
della parola
attesa e sussurrata
delle mani
sfiorate e abbandonate.
Prima del no
che sono
così abile a dire
prima del sì
che considero
eventualmente
per poi
quasi sempre
negare.
Vorrei decifrare
l’enigma
che sono
e intonare
un canto al forse
alla possibilità
al tentativo
all’incerto.
Prima che
arrivi la notte
a chiudermi
gli occhi
e a incartarmi
il cuore.
Lasciandomi lì
senza lacrime
né sorrisi.
Sola.


sabato 4 febbraio 2012

Preparando il materiale per il nuovo libro


72 pagine, circa 100 poesie scritte di giorno e di notte.
Senza smettere di fare conti, preparare caffè, programmare le serate del Pentesilive, leggere e fotografare.
Ma soprattutto senza smettere di amare.
Mai.
Grazie a Silvia, solamente.
Silvia che sapeva.
Silvia che sa.
Silvia che continua ad essere qui con me.
Germana.

giovedì 2 febbraio 2012

Miracoli (pensando a Wislawa Szymborska)







Passano i giorni

passano

e noi in attesa

che il miracolo

si palesi

e ci benedica.

Banalmente

aspettiamo

e solo

a intermittenza

ci accorgiamo

che il miracolo

è già intorno

è qui

è noi.



Sono miracolo

i minuti preziosi

le ore luminose

di presente colme

e di incerto futuro

già profumate.

E’ miracolo

la voce

con la quale

sussurriamo

amore

o gridiamo

il nostro no.

È miracolo

la mano

che accarezza

e poi apre

il suo orizzonte

regalando

l’abbraccio.

E’ miracolo

la partenza

che è già

in sé ritorno

il passo incerto

che muove

l’esistenza

nel cerchio

verso

il nostro destino

unico

ma universale.

Ed è miracolo

la poesia

potente

e maestosa

fragile

e delicata

capace

di unire mondi

e di dare un senso

anche al doloroso

e assurdo teatrino che

a volte pare essere

la vita.



lunedì 23 gennaio 2012

Certi passaggi


Ci sono cose
che non si possono dire
certi passaggi segreti
che si aprono
e ci attraversano
per un attimo
solamente
prima di richiudersi
per sempre.
Ci sono cose
che non appartengono
al verbo
e per questo
vanno taciute.
Benedetto silenzio
che accompagni
il mio battito
negli interstizi del cuore.
Mentre vigili
gli occhi
si parlano
ricambiandosi
e completandosi
senza rumore
né voce.


giovedì 19 gennaio 2012

Però meraviglioso


Aperte si sono le ali
accade così
che un giorno
ti alzi in volo
e neanche te ne accorgi
fino a quando non guardi giù
intravedi il rischio
immagini la caduta.
La ragione ti imporrebbe di fermarti
ma il viaggio è ri-cominciato.
Di già.
Di nuovo.
Attraverso.
A nulla servirà la sobria logica
traiettorie ben più intriganti
misteriose e irresistibili
si rivelano al tuo passaggio.
Batte l’ansia nel cuore
voluttuoso e vorace
di sorprendente vitalità.
Dove avverrà lo schianto
non ti è dato di sapere
certa è invece la mano
che avrai stretto
fino a un attimo prima
dell’inevitabile tuo precipitare.
Però leggero.
Però meraviglioso.