mercoledì 25 aprile 2012

Ninna nanna dei pensieri


Per esempio riposare
-ogni tanto.
Addormentare i pensieri
ma rimanere sveglia
e poi farmi accarezzare
dalla brezza della vita.
Per esempio ricordarmi
di dimenticare
il dettaglio superfluo
la parola cangiante
e ascoltare solo
la melodia totale
la sua vibrazione
la sua scintilla
che accende il passo
e invita alla danza.
Per esempio danzare
sui ricordi e sulle attese
sopra un tavolo che è oggi
e non teme domani
perché assapora l’attimo
senza la brama
di volere già il dopo
-che a volte- può essere
davvero troppo
o troppo poco.
Per esempio essere lieve
stringere la Perla
e custodirne il segreto.






giovedì 19 aprile 2012

Tante volte

Tante volte
è così 
e lo senti bene
ma non lo riesci 
a dire. 
E’ che anelavi 
al volo 
e stavi già volando
senza percepirlo. 
In silenzio bramavi 
sognavi 
e invece avevi già tutto 
-il sogno 
il viaggio 
il sorriso- 
Tante volte 
è così 
e com’è vero 
che dobbiamo 
essere semplici 
per avvicinare 
la parola al sentire. 
E quello che sento 
ora qui
-tolta la maschera- 
è quiete 
in mezzo 
alla tormenta 
ed è così 
che voglio 
aspettare 
il domani 
e il dopo 
in solitudine 
ma non sola. 
Semplicemente.



martedì 17 aprile 2012

Perché è tempo

Può succedere 
che sia già superato
che tu sia già altro
però non lo sai
-o preferisci non saperlo-
Allora respira e ascolta
la voce lieve
di dentro
buttala fuori
senza paura. 
Spezza la catena
che unisce l’incerto
all'ipotetico certo. 
Come pensi
di poter procedere
altrimenti?
Tu lo sai
che solo navigando 
a vista il tuo mare
ri-troverai quiete
e tempo
e sogno
e casa. 
Come sai
che non c’è
legame imposto
che ti appartenga
-a cui appartenere-
Staccati così 
dal dovuto
se tu a lui non devi
che il miraggio
fuorviante
che ti allontana 
dalla tua essenza. 
Fallo ora 
anticipa il lento 
inesorabile declino. 
Fallo ora 
perché è tempo.





domenica 15 aprile 2012

Giulio Casale -La Febbre -12 aprile 2012-

Avere dei dispiacerei non è tutto, bisognerebbe poter ricominciare la musica, andarsene a cercare ancora di dispiaceri… 
(L.-F. Céline)


Tornando a casa ieri notte, dopo aver assistito allo spettacolo, mi chiedevo quale fosse il valore aggiunto a quell’insieme di parole e musica magistralmente interpretate da Giulio Casale e dai suoi musicisti (Giovanni Ferrario, Lorenzo Corti, Pier Ballarin e Nicola “Accio” Ghedin), impeccabilmente diretti da Francesca Bartellini. E la risposta non ha tardato a giungere, il valore aggiunto è il viaggio reale. I monologhi e le canzoni si srotolano su di un immaginario tapis rolulant come fotografie di vita vera, che è amore e smarrimento, ma soprattutto è, oggi, paura e orrore per il vuoto che pare divorarci. La stessa paura che ci accompagna ogni giorno e che ogni giorno esorcizziamo non parlandone, fingendo che tutto proceda, che il capolinea non sia forse così vicino. Lo stesso orrore che ci impedisce di vedere chiaramente quanto sia ormai labile il confine tra “normale” e “diverso” e come sia oggi facile trovarsi in un battere di ciglia sull’altra sponda, quella sbagliata quella più temuta perché sporca e scomoda e per questo bandita da sempre dal modello di vita contemplato dalla nostra bella società. Quel modello che ha generato le etichette, ha diviso con il suo metro i forti e i deboli, che mai ha avuto contenuti veri ma sempre ha esercitato il suo potere attraverso l’insindacabile giudizio. Quel modello che è artefice dell’imbruttimento delle nostre anime e causa principale della codardia diffusa che ci impedisce di riprendere attivamente possesso della nostra piena esistenza, di rovesciare l’assetto di mischiare ancora le carte e aprire il gioco, di nuovo. Quel modello che è responsabile di aver prodotto la cecità vera e brutale (lode a Saramago!) che ci rende schiavi e deboli. E se questo è il quadro che viene rappresentato non c’è però nel messaggio di Giulio Casale nessun segnale di rinuncia alla vita e al diritto di essere vivi davvero, anzi quell’inquietudine che pervade l’intero spettacolo è attiva e contagiosa ed è propositiva, perché i contenuti, mostrandoci amaramente e senza filtro il contesto nel quale ci muoviamo, diventano strumento da fagocitare nell’intimo di ciascuno, diventano domanda e poi risposta e la risposta immediata non può che essere il superamento del primo e più significativo ostacolo: la nostra indifferenza. 


La febbre, in fin dei conti. 
(L.- F. Céline)