domenica 8 luglio 2012

Così sono



In realtà quello che più mi pesa è ammettere di aver sbagliato. O di essere lì per farlo.
Se guardo con limpida onestà dentro di me vedo che non sento quasi mai l'assenza dell'altro.
Sono troppo indipendente, e da troppo tempo. Vuoi per scelta , vuoi per obbligo. Piuttosto sento la paura del vuoto, il brivido nell’immaginare la mia integrità che vacilla. La possibilità concreta di essere fragile. E indifesa. La potenza devastante dell’indecisione che arriva a travolgermi.
Questo temo e per questo fuggo, magari anche quando dovrei rimanere, per scongiurare l’errore e qualche volta l’amore. Ahimè! Ahi Vita!
Così sono. Così mi sono trovata. In questo modo mi sono sempre difesa.
E certo che ho rinunciato a qualcosa, come non farlo? La vita è fatta di rinunce, ogni scelta una strada da percorrere e una, o molte di più, da abbandonare.
Però non ho mai rinunciato a me.
Così sono. Così mi trovi. In questo modo continuerò a difendermi.







Milano -6 luglio 2012 -ore 11:48



Elucubrazioni



Fino a quel punto era stato tutto fantastico. Anche meglio di come avessi immaginato. Ma ora dovevo andare. Si era fatto tardi per me. Non in senso del tardi come orario. Era tardi dentro me. Quindi io dovevo andare. Era arrivato il momento in cui non ti ascoltavo più, ascoltavo la riunione dei miei plurimi. Dovevo proprio andare e non sapevo come dirlo. E neanche sapevo se poi sarei tornata. Ché spesso vado e non torno, ma non lo so mai prima. È sempre il giorno dopo, la settima dopo, il mese dopo, insomma –dopo- che capisco che anche questa volta non tornerò. Dovevo assolutamente andare ma non volevo farti soffrire, e tantomeno volevo soffrire io, in conseguenza di questa scelta, perché non ero così convinta. Temevo il fraintendimento del mio gesto, come temevo che il mio non stringerti le mani, non accarezzarti, non baciarti assolutamente ti mettesse in testa qualche dubbio. Ma invece avrei voluto rassicurarti perché sì dovevo andare e non ti volevo baciare ma una parte di me lo avrebbe fatto volentieri se, per sue varie urgenze, non se ne fosse andata già da prima, senza avvisare. Ecco mi trovavo lì da sola, anche se con te, e dovevo andare. Non avevo più parole, né gesti, né sguardi. Volevo essere altrove ma tentavo di fingere. E tu dicevi e io rispondevo, non sempre in modo pertinente, ma davo la colpa al vino, per non espormi. Poi non so quanto tempo sia passato. Perché alla fine avevo anche mal di testa. E l’ora, quella reale, era veramente tarda. E così siamo andati. Finalmente. Ho appoggiato la testa sul cuscino chiedendo un attimo di silenzio al convegno in atto nella mia testa. Silenzio, porco cane! Ho pensato. E poi ho pensato anche che forse mi sarebbe piaciuto baciarti, se quell’altra carogna di me non mi avesse mollata lì con le mie elucubrazioni. Però non te l’ho detto. E ancora non so se tornerò. Per dirtelo.



Milano -28 aprile 2012 -ore 11:37



Assenze



Mia madre diceva. Mia madre avrebbe detto. Come sarebbe piaciuto a Marco. Quanto avrei potuto raccontargli della meraviglia vista. Chissà Lucia che cosa penserebbe. Probabilmente disapproverebbe.
Tutti portiamo nel guscio dell’anima la voce di un qualcuno che ci accompagna.
Un qualcuno a cui domandare per avere risposte, un qualcuno con cui condividere il nostro vissuto, le nostre intime percezioni.
Stranisco pensando che il più delle volte le persone a cui affidiamo il pensiero, l’idea di corrispondenza, sono quelle fisicamente non più qui perché salite sul treno per Altrove o semplicemente perché si trovano lontane dalla nostra vita reale, conducono una loro vita ed il loro tempo è segnato anche dalla nostra assenza, mentre a quelli che rimangono poco abbiamo da domandare e loro comunque spesso poco avrebbero da rispondere.
E’ tutto vero o la natura umana è incline al ripianto, al lamento dell’abbandono, all’adorazione del vuoto lasciato da chi abbiamo –o ci ha- abbandonato?
Non saprei, di certo posso dire che quasi mai mi capita di vedere molta armonia tra le persone che condividono il passo reale.
Più spesso mi capita veramente di capire e quasi di vedere il cumulo di affetti e complicità che ogni anima si è lasciata dietro, per inerzia, per paura, per inadeguatezza.
Viviamo così, cavalcando l’errore, le effimere urgenze. Viviamo così, tacendo il senso, e spesso non ce ne accorgiamo o ce ne accorgiamo troppo tardi, quando giunge l’irreparabile. Quando non abbiamo neanche più la possibilità di essere almeno delusi, se non aiutati, dalle tante mamme, Marco o Lucia. Viviamo sospesi nell’incertezza.
E quanto pesa questo troppo tardi, questo irreparabile, questa incertezza?
Quanto di noi si porta via il silenzio, l’indugio la mancanza di coraggio?
O quanto di noi viene invece mantenuto integro dalle tante sospensioni che andiamo disseminando in giro per la nostra esistenza?





Milano -sabato 28 aprile 2012 -ore 9:30




Passi e pensieri




Il cielo è terso oggi. Ma in me danzano le ombre. C’è troppa confusione tra i pensieri. Eppure dovrebbe essere facile trovare il pensiero guida e seguirlo perché da lui dipendono tutte le azioni e le reazioni. Ma si nasconde -o meglio- lo nascondo. Procedo verso casa in cerca di chiarezza. Come il cielo lucente che si specchia in un mare limpido vorrei leggermi dentro. Ma sono ombrosa e abitata da dune e deserto e insieme prati e fiumi sempre pronti a tracimare. Tutto è lì in attesa di esplodere. Sono vulcano -io- pochi attimi ancora e sarà la lava a farsi avanti. E non si potrà tornare indietro.
Però ci sono mattine –rare e preziose- dove tutto mi appare così nitido e calmo da cancellare la pena, l’incertezza, il vento e il terremoto che hanno esercitato il loro dominio fino a un attimo prima. Fino al primo timido accenno di sole.
E tutto questo è tanto, è senso, è passo. E’ la vita che risponde.





Milano -venerdì 27 aprile 2012 -ore 17.00


Sull’autenticità




Il riconoscersi e l’urgenza del dirselo sono elementi costituenti i rapporti autentici, sono il presupposto di una continuazione che può raggiungere una dimensione diversa, oltre lo schema del tempo e della distanza.
Niente arriva a caso, e l'intensità della forza che noi trasmettiamo (o non trasmettiamo) agli altri è solo lo specchio dell'intensità della stessa forza che gli altri trasmettono (o non trasmettono) a noi.
Di questo ci nutriamo, se abbiamo la fortuna di fare la strada con persone che ci corrispondono. In assenza di tutto questo ci perdiamo se tale fortuna ci è negata.
Occorre rigore, attenzione e dedizione per coltivare tutta questa bellezza.
E occorre essere consapevoli che il tormento, la sofferenza o l'inquietudine che stiamo attraversando forse non sono più terribili del tormento, la sofferenza o l'inquietudine che sta attraversando il nostro interlocutore.
Occorre stare sempre in allerta, come sempre in allerta è la vita nei nostri confronti.
Ed è indispensabile essere semplici e modesti, spingere lo sguardo oltre noi stessi e abbracciare l’infinito che abita gli occhi degli altri.
Però bisogna anche saper distinguere, passare oltre le cataratte emotive e in caso di necessità svoltare l’angolo, sì.
Ma svoltare l’angolo e abbandonare la strada che ci pare quella principale e più sicura resta, quasi per tutti, l’azione più difficile, nella sua apparente banalità, da mettere in atto.
Eppure mi chiedo spesso quanto tutto sarebbe più chiaro e piacevole, quante nuove opportunità potremmo cogliere o ci coglierebbero, se sapessimo coraggiosamente accondiscendere all’invito dei tanti angoli che sempre ci chiamano alla svolta per mostrarci panorami e prospettive diverse.


Chissà.






Milano -venerdì 27 aprile 2012 -ore 6:03.


lunedì 2 luglio 2012

Giulio Casale legge "Cambiamenti" di Germana Gallo
Pentesilive 18 maggio 2012