domenica 8 luglio 2012

Elucubrazioni



Fino a quel punto era stato tutto fantastico. Anche meglio di come avessi immaginato. Ma ora dovevo andare. Si era fatto tardi per me. Non in senso del tardi come orario. Era tardi dentro me. Quindi io dovevo andare. Era arrivato il momento in cui non ti ascoltavo più, ascoltavo la riunione dei miei plurimi. Dovevo proprio andare e non sapevo come dirlo. E neanche sapevo se poi sarei tornata. Ché spesso vado e non torno, ma non lo so mai prima. È sempre il giorno dopo, la settima dopo, il mese dopo, insomma –dopo- che capisco che anche questa volta non tornerò. Dovevo assolutamente andare ma non volevo farti soffrire, e tantomeno volevo soffrire io, in conseguenza di questa scelta, perché non ero così convinta. Temevo il fraintendimento del mio gesto, come temevo che il mio non stringerti le mani, non accarezzarti, non baciarti assolutamente ti mettesse in testa qualche dubbio. Ma invece avrei voluto rassicurarti perché sì dovevo andare e non ti volevo baciare ma una parte di me lo avrebbe fatto volentieri se, per sue varie urgenze, non se ne fosse andata già da prima, senza avvisare. Ecco mi trovavo lì da sola, anche se con te, e dovevo andare. Non avevo più parole, né gesti, né sguardi. Volevo essere altrove ma tentavo di fingere. E tu dicevi e io rispondevo, non sempre in modo pertinente, ma davo la colpa al vino, per non espormi. Poi non so quanto tempo sia passato. Perché alla fine avevo anche mal di testa. E l’ora, quella reale, era veramente tarda. E così siamo andati. Finalmente. Ho appoggiato la testa sul cuscino chiedendo un attimo di silenzio al convegno in atto nella mia testa. Silenzio, porco cane! Ho pensato. E poi ho pensato anche che forse mi sarebbe piaciuto baciarti, se quell’altra carogna di me non mi avesse mollata lì con le mie elucubrazioni. Però non te l’ho detto. E ancora non so se tornerò. Per dirtelo.



Milano -28 aprile 2012 -ore 11:37



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