domenica 8 luglio 2012

Assenze



Mia madre diceva. Mia madre avrebbe detto. Come sarebbe piaciuto a Marco. Quanto avrei potuto raccontargli della meraviglia vista. Chissà Lucia che cosa penserebbe. Probabilmente disapproverebbe.
Tutti portiamo nel guscio dell’anima la voce di un qualcuno che ci accompagna.
Un qualcuno a cui domandare per avere risposte, un qualcuno con cui condividere il nostro vissuto, le nostre intime percezioni.
Stranisco pensando che il più delle volte le persone a cui affidiamo il pensiero, l’idea di corrispondenza, sono quelle fisicamente non più qui perché salite sul treno per Altrove o semplicemente perché si trovano lontane dalla nostra vita reale, conducono una loro vita ed il loro tempo è segnato anche dalla nostra assenza, mentre a quelli che rimangono poco abbiamo da domandare e loro comunque spesso poco avrebbero da rispondere.
E’ tutto vero o la natura umana è incline al ripianto, al lamento dell’abbandono, all’adorazione del vuoto lasciato da chi abbiamo –o ci ha- abbandonato?
Non saprei, di certo posso dire che quasi mai mi capita di vedere molta armonia tra le persone che condividono il passo reale.
Più spesso mi capita veramente di capire e quasi di vedere il cumulo di affetti e complicità che ogni anima si è lasciata dietro, per inerzia, per paura, per inadeguatezza.
Viviamo così, cavalcando l’errore, le effimere urgenze. Viviamo così, tacendo il senso, e spesso non ce ne accorgiamo o ce ne accorgiamo troppo tardi, quando giunge l’irreparabile. Quando non abbiamo neanche più la possibilità di essere almeno delusi, se non aiutati, dalle tante mamme, Marco o Lucia. Viviamo sospesi nell’incertezza.
E quanto pesa questo troppo tardi, questo irreparabile, questa incertezza?
Quanto di noi si porta via il silenzio, l’indugio la mancanza di coraggio?
O quanto di noi viene invece mantenuto integro dalle tante sospensioni che andiamo disseminando in giro per la nostra esistenza?





Milano -sabato 28 aprile 2012 -ore 9:30




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