sabato 2 luglio 2011

Piccole sedie

Appoggiare i libri che leggo e le matite con cui sottolineo e scrivo sulle piccole sedie rosse, sbiadite dal sole, che Silvia teneva sul balcone aggiunge poesia ai gesti ed amplifica il senso delle parole. Anche di questo amo nutrirmi, nelle ore che posso dedicare alla salute dell’anima.
Ed è come sbeffeggiare la sorte, il destino, l’assenza. E’ come imporre un segno di presenza reale costante e illesa. E’ come riportare indietro tutta la dolcezza, tutto l’amore, tutta la volontà dell’esistenza pura che non conosce il trascorrere del tempo, ma che sa l’altrove. E’ come continuare a distinguere e riconoscere il valore dell’esserci, e alto sopra le ingiustizie e l’inevitabile passaggio obbligato verso il non-luogo, ricucire attimi e discorsi, rivedere sguardi, rivivere abbracci.
E poi sorridere, per questa ampiezza e questa profondità che a stento contengono quello che per me è il bene. E sentire potentemente la fortuna, toccarla. Stringere in mano qualche lacrima come perla preziosa. Nascondermi in un angolo per essere rincorsa dalla vita incuriosita dal gioco. E infine spernacchiarla di gusto e ridere insieme a lei. Perché lei sa che ho capito. E mi ricambia.


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