che non potevamo più attendere abbandonammo l’involucro della parola celata e stringendoci la mano sperimentammo il salto. Poi da lì il volo. Finalmente.
Quando penso a come possiamo mancare la vita, sbagliando il bersaglio solo per un soffio e a come, se la fortuna ha deciso di baciarci, servano poi anni per riprendere quel soffio e ricominciare a camminare, respirare e sentire insieme all’aria il senso che riempie i polmoni, mi viene sempre un brivido. Dietro a quel filo ritrovato scorrono lenti gli anni andati, l’esperienza vissuta, il dolore e l’amore: quello vero e quello che tale abbiamo creduto essere (accantonando quello vero) ma che tale non era, non così grande, non sufficiente per colmare il vuoto del tempo a venire. Dietro quel filo scorrono lente le nostre scelte si srotolano i nostri errori si manifesta il pegno che avremmo pagato nel tempo a venire: cioè oggi. Scorre lento il nostro aver visto senza guardare con attenzione perché come sostiene Javier Marías “nessuno vuole vedere niente e così nessuno vede quasi mai quel che ha lì davanti”. Si chiama paura, questa. Paura della Bellezza che fa vacillare mentre la codardia si fa spazio in noi a gran falcate. Il brivido poi sale e si mischia allo sconforto quando mi accorgo che nonostante tutto non sono ancora sicura di essere pronta a riconoscere ciò che ho effettivamente e palesemente di fronte. E che probabilmente desidero. Sarà che la vita, a volte, ci restituisce il tempo andato ma il coraggio no. Il coraggio è roba nostra. Si chiama scelta. E la vita non scherza con chi non sa scegliere. Resto lì sospesa aspettando che un’onda di coraggio mi travolga e insieme distrugga tutte le barriere che sempre metto quando il sogno più grande è a un passo dal divenire realtà. Ma già questo è un atteggiamento sbagliato. E’ l’azione che manca. E’ l’azione che dovrei praticare. Questa è per ora l’unica mia certezza.